Più Phygital, meno carri di buoi.

Più Phygital, meno carri di buoi.

È evidente come negli ultimi anni siamo stati coinvolti in una trasformazione digitale senza precedenti. A questo proposito, si è cominciato a parlare di “Phygital”.

Il significato di questo termine, evidentemente di origine inglese, è la crasi tra “physical” e “digital”, ovvero tra “fisico” e digitale”.

E’ come se ora ci trovassimo nell’occhio del ciclone, cercando costantemente di adattarci alle nuove sfide che, anno dopo anno, ci si presentano di fronte.

Il mondo Phygital potrebbe, dunque, essere descritto come uno spazio omnicanale che unisce costantemente il fisico al digitale e viceversa. Il mondo Phygital rappresenta il confine tra questi due emisferi in cui dove finisce uno inizia l’altro.

Potremmo dire che lo stesso consumatore è diventato Phygital dal momento che si muove indistintamente tra fisico e digitale e partecipa alla compravendita nel mercato di entrambi i luoghi.

Consideriamo quante volte abbiamo acquistato un determinato prodotto in negozio perché bombardati da pubblicità in retargeting oppure, al contrario, abbiamo scelto di acquistare una borsa o una scarpa provata in negozio e poi successivamente acquistata online grazie ad un’inserzione sulle Instagram stories. È tutta questione di trigger mentali.

Dove finisce un mondo inizia l’altro.

 

E lo spazio fisico?

 

phygital e-commerce

Sebbene molti pensano che il negozio fisico sia morto, ci sono ancora alcuni aspetti non riproducibili che il consumatore contemporaneo continua a desiderare.

I cinque sensi: tatto, olfatto, vista, udito e gusto sono emozioni che neanche l’Intelligenza Artificiale più evoluta può sostituire.

Inoltre, l’empatia data dall’interazione tra cliente e impiegato rappresenta un “Momenth of Truth” sempre più importante.

A questo proposito, secondo uno studio condotto da IAB Spain, sebbene sette consumatori su dieci preferiscano acquistare online, il restante soffre e richiede l’interazione fisica, la possibilità di provare e toccare con mano il prodotto.

 

L’evoluzione del termine

Una delle prime apparizioni del termine “Phygital” risale al 2010, ad opera dell’agenzia di marketing Momentum Worlwide.

Secondo l’agenzia, questa strategia avrebbe consentito di creare contenuti emozionali, personalizzati e in grado di toccare le corde del consumatore nell’esatto momento in cui questo lo richiedeva.

Un altro caso si fa risalire all’ottobre 2014, quando la catena statunitense Lowe’s (accessori per la casa e ferramenta) annunciò l’introduzione, durante le festività natalizie, di due robot per il negozio nel centro di San José, California.

I piccoli robot, chiamati “OSHbot”, avevano il compito di verificare in che modo la robotica potesse portare vantaggi a clienti e dipendenti.

 

… Dove siamo arrivati?

 

PHYGITAL

Nel 1993 nasce l’MP3, il 2001 è stato l’anno di Wikipedia, la prima piattaforma peer-to-peer dove chiunque poteva dare un contributo per la divulgazione scientifica. E poi sono arrivati i Blackbarry e l’indistruttibile Nokia 3310.

E dal 2007 tutto è cambiato. Con l’arrivo dei primi smartphone touchscreen e poi con il lancio del primo I-phone, il nostro approccio al mondo digitale è profondamente cambiato.

Dai computer che sembravano quasi uno Sputnik durante l’accensione, oggi siamo arrivati ad “indossare” gli smartphone come se fossero una terza mano.

Con gli anni abbiamo imparato a delegare al mondo digitale gran parte delle nostre attività: la prenotazione di un viaggio, la promozione del nostro lavoro, il reminder di un’attività o l’acquisto della capsule collection di Chiara Ferragni.

Oggi siamo in quella che viene definita “Quarta Rivoluzione Industriale” in cui il protagonista principale non è il carbone né l’energia elettrica, ma proprio Internet.

 

Incredibile, vero?

 

Phygital è futuro

Non siamo ancora cyborg né utilizziamo i tele-trasportatori immaginati in Futurama, ma è importante notare che le dimensioni online e offline sono diventate due volti della stessa medaglia in cui noi consumatori – eclettici e intelligenti – ci ritroviamo costantemente nel mezzo.

Per questo motivo è fondamentale per i piccoli e grandi brand creare un’esperienza immersiva che permetta di fondere fisico e digitale ed entrare nella mente del consumatore accompagnandolo in tutta la fase del processo decisionale d’acquisto.

Oggi qualsiasi consumatore ricerca un’esperienza unica con un brand.

È stanco delle continue sponsorizzazioni che gli arrivano indistintamente su Facebook e Instagram. È annoiato dai soliti contenuti multimediali. Vuole instaurare una relazione con i brand ed è costantemente alla ricerca della qualità migliore ad un prezzo accessibile.

 

Dal caos all’ordine

Sembra davvero complicato riuscire a gestire strategicamente tutti i touchpoints previsti dal mondo quotidiano…

Rivedere la propria strategia in ottica Phygital potrebbe essere visto come un ulteriore sforzo da parte dei brand ad adattarsi alle richieste del consumatore e della società contemporanea.

Per superare questo momento di crisi è fondamentale, in primis, digitalizzare i processi interni della propria azienda o delle piccole realtà locali, rivedere la relazione tra brand e cliente ripensando ad una convergenza di informazioni e sistemi di vendita.

Secondo i risultati del report di Forrester e Thron, un approccio Phygital porterà benefici a sette aziende su dieci, comportando ad un aumento dei clienti (68%) e la loro conseguente soddisfazione.

Una strategia Phygital ha senso solo se i brand conoscono veramente l’identità dei propri consumatori e ne comprendono i passaggi in ogni canale di comunicazione. Ogni punto di contatto dovrebbe fornire il servizio adeguato così da implementare una CRM efficace e strategica.

Un approccio “human-centered” comporta anche una richiesta di umanizzazione dei processi digitali, ammettendo l’integrazione di spazi che recuperano la relazione fisica e reale (ad esempio, chatbot, call to action o direct marketing).

Sempre secondo il report di Forrester e THRON, ripensare la propria strategia di ottica all-in-one porta un aumento della soddisfazione degli utenti, che conseguentemente diventano loro stessi divulgatori della qualità del brand.

 


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